“Bene i numeri, ma dobbiamo fare squadra tra grandi e piccole e medie imprese. Bisogna evitare di focalizzare tutto quello che è l’industria aerospaziale su pochi potenziali attori, facendo lo stesso errore compiuto tanti anni fa nell’automotive”. L’ad di Argotec David Avino, interpellato da ‘Agenzia Nova’, accoglie positivamente i risultati italiani nel settore aerospaziale, ma mette in guardia sulla logica organizzativa dietro al successo espresso dai numeri. Con un valore di oltre 3 miliardi di euro e un investimento di 7,2 miliardi, la “Space economy” in Italia comincia a far paura anche oltralpe. E a lanciare l’allarme sulle potenzialità italiane sono stati i sindaci francesi di Cannes e Tolosa, rispettivamente David Lisnard e Jean-Luc Moudenc. In questo successo c’è anche Argotec, azienda torinese diventata celebre per i piccoli satelliti che hanno servito anche la Nasa, l’agenzsia spaziale statunitense. L’ad Avino, si dice “poco stupito” dal risultato dell’Italia nel settore: “Si tratta di numeri che rivelano per il nostro paese quanto si è tornati a crescere velocemente”.


Avino cita subito uno dei programmi più rilevanti in gestione ad Argotec: “La prova più evidente è proprio il programma Iride, la più grande costellazione europea di satelliti per l’osservazione della Terra, 100 per cento made in Italy, che vede la partecipazione di molte aziende. Come Argotec saremo tra i primi a lanciare i nostri satelliti per il programma Iride”. Avino invita però alla cautela, perché la sfida non è né italiana né europea ma mondiale. “Non è una questione di Francia o Italia. Sui grandi progetti bisogna fare squadra assieme, portando avanti l’interesse nazionale. L’Italia è un paese leader in questo settore, un paese che può essere la locomotiva di un’Europa sempre più centrale nella sfida globale della Space economy perchè vanta attori di primo livello”. E subito viene al pettine la questione degli investimenti: “Certamente c’è un contesto favorevole portato dalla stabilità del Governo e dalle azioni che l’esecutivo sta mettendo in campo sullo spazio, con investimenti e con una legge di cui si sta dotando il paese, che sarà molto utile per il settore. C’è però da dire che il mercato Usa, ad esempio, viaggia su numeri completamenti diversi che portano naturalmente a investimenti di tutt’altro peso. Noi però siamo bravi a livello tecnologico e proseguendo sulla strada giusta possiamo competere a livello internazionale”.

Parlando di competizione, quello delle forniture è un tema centrale: “Noi abbiamo investito nel principio di quello che chiamiamo ‘all-in-house concept’ per garantire la massima qualità dei nostri prodotti ed esporci il meno possibile ai rischi della catena delle fornitire. Tuttavia, lo sviluppo di nuove realtà che producono chip in Italia e in Europa potrebbe portare a dei risultati positivi, in futuro, rispetto all’auto-approvvigionamento delle risorse per il settore aerospaziale”. Avino, poi, mette in guardia sulla linea d’investimenti futuri per la Space economy italiana: “Il Pnrr è uno strumento straordinario, ma non è per sempre. Le aziende devono cogliere questa occasione per strutturarsi e mettere a sistema risorse che siano in grado di produrre valore e garantire una crescita a lungo termine. In altre parole, devono essere sostenibili”.