Il Garante della privacy ha sanzionato il Comune di Brescia per 10mila euro a seguito della vicenda delle sepolture dei bimbi mai nati al Vantiniano. L’accusa rivolta alla Loggia è di aver trattato in modo illecito i dati personali riportati sulle sepolture dei feti e nel portale online dei servizi cimiteriali della città.

Nella apposita sezione del cimitero, in molti casi, le sepolture riportavano il medesimo nome di fantasia attribuito convenzionalmente ai feti insieme al cognome della madre e alla data di interruzione di gravidanza (riportata come data di nascita/morte coincidente). Ciò accadeva anche nei casi in cui i parenti non avevano richiesto la sepoltura né indicato i dati da riportare sulla stessa.

L’Autorità ha ritenuto illecita la diffusione di tali dati, perché effettuata in assenza di una base giuridica e in violazione del divieto di diffusione di dati sulla salute, tra i quali rientra l’informazione sull’interruzione di gravidanza. Il Garante ha ricordato che l’indicazione del cognome della donna o del marito o del compagno, accanto al nome convenzionale attribuito al feto e alla data dell’interruzione di gravidanza può consentire, mediante il raffronto, l’incrocio con altre fonti, o informazioni di contesto, l’identificazione della donna che ha effettuato l’interruzione di gravidanza.

Inoltre, in base alla normativa di settore, l’indicazione di nome, cognome e data è necessaria per identificare esclusivamente i “defunti” e i “nati morti”. Per rimediare alle violazioni contestate, l’amministrazione comunale – nel corso dell’istruttoria – ha adottato diverse misure correttive tra le quali la copertura delle targhette esistenti e l’uso di un sistema di codici per l’identificazione delle sepolture, la limitazione dei dati accessibili sul portale web e l’eliminazione della dicitura “feti e nati morti”, nonché l’implementazione di una documentazione più rigorosa per le richieste di sepoltura in forma singola dei feti da parte dei parenti.