Licenziata su giusta causa perché in un anno e mezzo si è collegata 4500 volte su Facebook durante l’orario di lavoro. E’ la Cassazione a rigettare il ricorso della donna e a confermare quanto già aveva dichiarato il tribunale e la corte d’appello di Brescia riguardo al licenziamento di una dipendente part-time di uno studio medico.
Il comportamento della donna era stato definito dai giudici «in contrasto con l’etica comune» e «l’idoneità certa» di tale comportamento «ad incrinare la fiducia datoriale».
Il datore di lavoro della donna, grazie alla cronologia del computer, aveva contato 6000 accessi a Internet in 18 mesi dal computer dell’ufficio e ben 4500 accessi su Facebook. Una condotta inammissibile per il capo della donna che non aveva avuto esitazioni nel licenziarla.
La donna aveva presentato il ricorso facendo leva sulla violazione della privacy, ma i giudici con una sentenza depositata il primo febbraio hanno dichiarato che la dipendente avrebbe effettuato l’accesso a “estranei all’ambito lavorativo”, aggiungendo che l’accesso al social network “richiede una password” cosa che esclude «dubbi sul fatto che fosse la titolare dell’account ad averlo eseguito».