Stretti protocolli di igiene e sicurezza all’interno delle strutture turistiche, corridoi sicuri per i viaggiatori, “passaporti sanitari” e test obbligatori. Sono queste le novità previste dai principali competitor europei dell’Italia nel settore turistico in vista dell’inizio della stagione balneare all’epoca del coronavirus. In questo modo, paesi come Croazia, Grecia e Spagna intendono contenere le perdite in una stagione che si preannuncia dura per l’intero settore turistico-ricettivo, colpito inevitabilmente dagli effetti del propagarsi della pandemia da Covid-19. In Grecia si stima una contrazione dell’intero comparto del 50 per cento rispetto allo scorso anno, mentre in Spagna si prevedono mancate entrate per 124 miliardi di euro e un calo superiore all’80 per cento sul totale delle attività rispetto all’anno precedente. Numeri e cifre a cui i governi nazionali stanno cercando di contrapporre delle contromisure da mettere in campo almeno a partire da giugno per una probabile quanto graduale riapertura dei confini, seppure con regole severe per i turisti in entrata e per le imprese del settore. Al momento il paese che appare più avanti nella programmazione è la Grecia, favorita da una buona gestione della pandemia e dall’aver potuto introdurre il regime di quarantena quando ancora i numeri dei contagi erano molto bassi. Il paese, che ancora oggi conta neanche 2.700 contagi, ha iniziato oggi una graduale riapertura delle attività produttive e riaprirà i propri siti archeologici, inclusa l’Acropoli di Atene, già a partire dal 18 maggio. I musei in Grecia riapriranno a metà giugno, mentre gli spettacoli all’aria aperta ripartiranno da metà luglio, nonostante le proteste dei lavoratori del settore.
Il governo di Atene sta valutando l’obbligo per i turisti che entrano nel paese di avere eseguito un test per il Covid-19 e di essere risultati negativi. Il piano prevede che venga misurata la temperatura alle persone in arrivo nel paese e che queste debbano essere munite di un certificato attestante il buono stato di salute. Nel caso in cui i turisti dovessero mostrare sintomi assimilabili alla malattia o si ammalino, saranno trasferiti in strutture dedicate alla quarantena o in hotel convenzionati con il sistema sanitario per ospitare esclusivamente pazienti affetti da coronavirus. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis punta a riaprire la stagione turistica il primo luglio, motivo per il quale il governo è al lavoro per fare in modo che il settore turistico-ricettivo sia in grado di garantire che tutte le misure per evitare una ricaduta nella curva dei contagi da coronavirus. Da Villa Maximos (sede del primo ministro ellenico) si sta ragionando sull’opportunità di ridurre temporaneamente l’imposta sul valore aggiunto per ristoranti, bar e caffè. La strategia sarà quindi svelata nei suoi particolari all’inizio di giugno. Inoltre la Grecia si aspetta, come affermato da Mitsotakis, una posizione unica in Europa sulla questione del turismo su cui la Commissione europea è chiamata mercoledì 13 maggio a discutere delle linee guida per evitare una frammentazione o addirittura fenomeni di discriminazione a danno di alcuni paesi, come l’Italia e la Spagna, tra i più colpiti dalla pandemia. La Commissione dovrebbe raccomandare un approccio, basato su tre fasi, che miri alla riapertura delle frontiere e che riunisca gli Stati membri “con profili di rischio globali simili”, secondo “Euractiv”.
Lo stesso Mitsotakis ha preso parte la scorsa settimana a una seconda riunione dei capi di governo di Australia, Austria, Danimarca, Grecia, Israele, Norvegia, Repubblica Ceca, Singapore, considerati i paesi meno colpiti dal coronavirus almeno per quanto riguarda il numero dei contagi e che quindi hanno gestito meglio l’emergenza sanitaria. Non è sfuggito il fatto che, al di là della mera discussione a livello generale sull’impatto della pandemia nei singoli Stati, i leader abbiano avviato un nuovo formato di cooperazione per favorire un “turismo sicuro” tra gli stessi paesi. In questo contesto, l’esecutivo di Atene ha in mente di mettere in moto formati di cooperazione bilaterale in modo da creare “corridoi sicuri” per i flussi turistici, almeno per quanto riguarda gli arrivi via aereo. Mentre a livello regionale, con i paesi dei Balcani, sarà più facile coordinarsi per garantire arrivi controllati via terra o via mare per quanto concerne le isole.
In Spagna il governo socialista del premier Pedro Sanchez sta lavorando a un “marchio di garanzia” che le strutture turistico-ricettive dovranno obbligatoriamente esibire. Grazie a questo sigillo, hotel, ristoranti e ostelli saranno accreditati come rispettosi delle misure di igiene e di sicurezza per prevenire i contagi da Covid-19. Si tratta di una misura per invogliare i turisti stranieri a recarsi in uno dei paesi più colpiti dalla pandemia nel continente e in cui la voce turismo occupa il 12 per cento del Pil. Anche il vicino Portogallo ha definito un marchio “pulito e sicuro” da fare esibire agli operatori del turismo. Madrid ha in ogni caso optato per non usare la dicitura “Covid free”, anche se alcuni hotel ci stavano lavorando, in quanto non sarebbe possibile garantire il rischio zero di contagio da coronavirus. Proprio gli albergatori starebbero pensando ad una riduzione dei prezzi dei pernottamenti per invogliare i turisti. Inoltre la comunità autonoma delle isole delle Baleari ha avviato una trattativa con la Germania per istituire dei corridoi turistici per recuperare le rotte aeree che potrebbero riportare nell’arcipelago i turisti tedeschi nel rispetto delle norme sanitarie e di distanziamento sociale.
La Croazia, che oggi ha avviato la fase 3, punta a una graduale riapertura ai turisti stranieri forte anch’essa del basso numero dei contagi (sopra i 2 mila) e attende i primi arrivi a partire dall’inizio di giugno, secondo il quadro di base concordato nel corso della scorsa settimana dal ministro del Turismo Gari Cappelli con gli omologhi dell’Ue. Da questa settimana è possibile entrare nel paese per i cittadini stranieri che sono proprietari di un immobile nel territorio croato. Inoltre le autorità sono sempre al lavoro per stabilire degli accordi bilaterali innanzitutto verso alcuni mercati di riferimento, tra cui quello ceco, austriaco, ungherese, sloveno e tedesco, al fine di instaurare “corridori diretti” con la costa della Croazia. Una simile iniziativa è stata intrapresa anche con l’Italia, come confermato dal Turismo della Croazia, Gari Cappelli, che la scorsa settimana ha avuto un colloquio in video con l’omologo, Dario Franceschini. Cappelli ha chiarito al riguardo che oltre 100 mila richieste di chiarimenti sulla stagione turistica dall’Italia da parte di cittadini italiani che avevano già prenotato le vacanze.
Altra meta tra le più richieste nei Balcani è il vicino e piccolo Montenegro, che sta puntando sull’immagine di primo paese “libero” dal coronavirus. Mentre una grande parte dei ristoranti e dei bar riaprirà il 18 maggio, il governo ha comunicato che “l’epidemia da Covid-19 è completamente sotto controllo”. Il Pil del Montenegro conta infatti sul settore su una base del 25 per cento, di cui il 95 per cento degli introiti è riconducibile a ospiti provenienti dall’estero. Tuttavia, il direttore dell’Istituto per la sanità pubblica del Montenegro, Boban Mugosa, ha affermato la scorsa settimana che la riapertura dei confini “sarà l’ultima misura che verrà presa”. Il dipartimento per il turismo della Camera di commercio di Podgorica ha proposto al governo una serie di misure tra cui quella di abbassare i costi delle concessioni sulle spiagge, mentre le compagnie turistiche stanno già sfruttando la possibilità di ottenere sovvenzioni, pari a 360 euro a lavoratore e l’esecutivo guidato da Dusko Markovic ha annunciato un nuovo pacchetto di misure per il settore. © Agenzia Nova – Riproduzione riservata