“Casa Cottarelli” è un bilocale situato nei pressi di Desenzano del Garda, all’interno di in una palazzina in via Padre Annibale Maria di Francia.
L’immobile è stato confiscato nel 2002 ad un narcotrafficante, Stefano Ferrari, destinatario di diversi provvedimenti restrittivi della libertà personale. Infatti, proprio nel 2002 era scappato in Sud America, dove diede avvio a un fiorente traffico di cocaina destinata in Italia, in particolare nella provincia di Brescia. La sua fuga si è conclusa nel 2011, quando è stato arrestato grazie all’operazione “Sms 2010”, coordinata dal Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finanza di Brescia.
Nel 2008, invece, l’appartamento è stato acquisito dal Comune di Desenzano del Garda. Fino al 2021 è stato utilizzato come alloggio per emergenze abitative, accoglienza temporanea di nuclei familiari e struttura di appoggio a progetti di affido leggero a favore di minori in condizioni di disagio.
Da febbraio 2021 l’immobile è stato poi messo a disposizione dell’Azienda speciale Consortile Garda Sociale – ente strumentale dei ventidue Comuni del Distretto del Garda per la gestione dei servizi sociali e capofila del progetto Legami Leali – per essere rigenerato.
Grazie alla collaborazione fra l’amministrazione di Desenzano del Garda e il progetto “Legami Leali” l’appartamento rinasce come punto giovani dedicato ai ragazzi del territorio, un luogo dove scoprire i propri talenti e sperimentare, attraverso laboratori e iniziative, la legalità, la cura del bene comune, la collaborazione e l’attenzione al prossimo.
Come afferma Annalisa Colombo, assessore ai Servizi Sociali del Comune di Desenzano del Garda, “questo progetto ha lo scopo di promuovere la legalità per costruire e prendersi cura del bene comune e per sensibilizzare i cittadini e soprattutto i ragazzi attraverso percorsi di cittadinanza attiva”.
“Casa Cottarelli – continua Colombo – rappresenta per noi la volontà concreta di realizzare uno spazio fisico, un luogo concreto, dove i nostri ragazzi possano trovare nuove opportunità di formazione e sperimentazione creativa”.
Infatti, gli interni sono stati attrezzati per ospitare attività di vario genere, dai laboratori tecnologici (grazie alla presenza di apparecchiature apposite, come una termopressa e stampanti 3D) alla sperimentazione musicale e radiofonica, ad attività manuali creative, ma anche momenti di relax e convivialità, grazie all’allestimento di un piccolo soggiorno con divanetti e ad una piccola cucina.
Come l’ha soprannominata Colombo, si tratta a tutti gli effetti di una “fucina per giovani talenti”, dove i ragazzi possano sperimentare e cercare di trovare la loro strada, ma soprattutto possano farlo ponendo basi valoriali solide così da poter diventare adulti consapevoli.
Non a caso, infatti – grazie al sistema bibliotecario Brescia Est e Nord-est -, è stato inaugurato lo scaffale di “Bill – Biblioteca della Legalità”. Si tratta di una biblioteca tematica che, grazie ad una raccolta di oltre 400 titoli, nasce all’interno di un bene confiscato per diventare uno strumento utile a raccontare che cos’è la legalità e per far riflettere su principi fondamentali, come quelli dei diritti, della responsabilità, della giustizia e della dignità.
Colombo, sostiene che grazie a Bill si “crea così un filo forte ed importante tra legalità, giovani e cultura. Perché non c’è niente di più forte di un libro, di una storia per smuovere le coscienze e formare un pensiero critico”.
Chiara Pinton, esponente del coordinamento nazionale di Bill, afferma che “una delle principali caratteristiche della Bill è di essere una bibliografia circolante, che va incontro – soprattutto ai giovani – attraverso la formazione diffusa”. “È importante – continua Pinton – ragionare con bambini e ragazzi, perché come adulti responsabili dobbiamo saper mantenere il confronto con loro. Il futuro si costruisce solo insieme”.
Luca era un ragazzo che viveva con i suoi genitori a Urago Mella, in provincia di Brescia. Aveva solo diciassette anni quando venne ucciso insieme al padre, Angelo, e alla madre, Marzenne Topr, la sera del 28 agosto 2006. La strage della famiglia Cottarelli fu commissionata e compiuta dalla mafia del Trapanese: dietro ci fu un dissidio tra Angelo, coinvolto in un giro di false fatture ai danni dello Stato e della Regione Sicilia e i suoi soci in affari.
A ritrovare i corpi dei tre fu la vicina, insospettitasi per l’uscio socchiuso della villetta: quella mattina aveva visto un gruppo di tre uomini suonare il cancello dei Cottarelli. Non ci diede importanza, se non quando passò davanti alla porta rimasta aperta. Entrò in casa e vide le seggiole rovesciate a terra e gli armadi spalancati, con la roba buttata ovunque. Lì chiamò per alcuni momenti, ma non ottenne mai risposta… fino a quando, in taverna, li trovò tutti e tre.
Marzenne e Luca furono uccisi con colpi di pistola calibro 22, mentre Angelo fu sgozzato con un coltello da cucina. Venne rinvenuto ancora vivo dai soccorritori, ma morì poco dopo in ospedale.
Articolo di Stefano Avanzi, già presentato al Master in Giornalismo della 24Ore Business School