Non fa previsioni, Patrizio Bianchi. Del resto, è impossibile descrivere quale sarà la situazione nelle scuole italiane, da qui a fine mese: “Per ora i problemi riscontrati sono gestibili – dice il ministro dell’Istruzione a “La Stampa”- e siamo attrezzati per affrontare un eventuale peggioramento del quadro”.
“L’importante è affermare un principio, cioè che la scuola resta aperta e in presenza, una scelta portante di questo governo”, sottolinea Bianchi. Di fronte al possibile aumento di contagi e assenze tra studenti e docenti, l’indicazione, che suona come un avvertimento per presidi, sindaci e governatori, è chiara: “Il ricorso alla didattica a distanza non può essere indiscriminato, ci sono regole precise da seguire”.
Secondo l’Associazione nazionale dei presidi, potremmo ritrovarci con 200mila classi in Dad nel giro di una settimana: “Io non escludo né affermo niente, ma siamo pronti ad affrontare tutte le situazioni, anche quelle più estreme. In Italia abbiamo 365mila classi, allo stato attuale non c’è questo scenario, poi può darsi che ci sia un aumento nei prossimi giorni, ma il tema non è se ci sarà o meno un maggiore ricorso alla formazione a distanza. Che, comunque, non è il demonio, ma uno strumento da usare in modo specifico e per un tempo specifico”.
“Abbiamo fatto – continua il ministro – una norma, il decreto del 5 gennaio, che dà una linea di marcia chiara: la scuola deve essere aperta e, nel caso, deve essere l’ultima a chiudere. E abbiamo definito regole precise per usare la didattica a distanza, che non può essere un provvedimento generalizzato, preso a livello regionale o comunale, e senza giustificazioni. Non può valere per tutti, insomma, ma solo in situazioni specifiche”.
Per questo avete fatto ricorso contro l’ordinanza del presidente della Campania De Luca, bocciata dal Tar: “Ha fatto ricorso anche un gruppo di genitori, che non voleva la chiusura delle scuole – ha concluso Bianchi – Come governo, ci siamo confrontati fino all’ultimo minuto con i presidenti delle Regioni, poi abbiamo fatto una scelta di unità del Paese”.
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