Brescia celebra Giuseppe Bergomi. Lo fa con una doppia mostra che fino al primo dicembre troverà casa al Grande Miglio in Castello e nei chiostri del complesso di Santa Giulia. Un’antologica che ripercorre gli oltre 40 anni di lavoro del noto scultore bresciano, mettendo in esposizione 84 opere realizzate fra il 1982 e il 2024.
La mostra si inserisce nel più ampio progetto dedicato alla scultura negli spazi del Castello di Brescia che Fondazione Brescia Musei ha inaugurato con la mostra “Davide Rivalta. Sogni di gloria” (Castello, 26 maggio 2023 – 15 gennaio 2024) individuando proprio in questo luogo iconico uno spazio da riservare alla valorizzazione dell’arte plastica, in vista della prossima inaugurazione di un itinerario di sculture all’aperto dedicato a Bruno Romeda e al suo compagno e collega Robert Courtright.
In Santa Giulia invece, il dialogo con gli spazi del Corridoio Unesco si pone in ideale continuità con l’esperienza di Palcoscenici archeologici, che ha portato negli ultimi tre anni artisti quali Francesco Vezzoli, Emilio Isgrò e Fabrizio Plessi a confrontarsi con le architetture del complesso monumentale di Santa Giulia e del Parco Archeologico.
Il percorso è in ordine cronologico e parte dal 1978 quando un giovane Bergomi, fresco di diploma all’accademia di Brera, esordisce alla Galleria dell’Incisione di Brescia con una mostra di soli dipinti, uno dei quali, Lione 1958, un quadro quasi iperrealista che cristallizza tre generazioni – l’artista da bambino, il padre e la nonna – apre anche l’attuale rassegna.
Poi la svolta con il passaggio alla terza dimensione dal 1982 con una personale ancora alla Galleria dell’Incisione, dove propose la prima serie di terrecotte policrome, composta da lavori intellettualmente maturi, ma tecnicamente ancora bisognosi di studio e di approfondimento. In mostra ci sono alcune di quelle opere caratterizzate dalla ricorrente presenza come modella di Alma Tancredi, moglie, musa e collega artista, soggetto che diventerà una costante – come le figlie Valentina e Ilaria – della sua ricerca fino ai giorni recenti.
Si passa quindi alla fase a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, in cui le terracotte perdono il colore. L’artista riprende in questo modo la tradizione scultorea millenaria che affonda le sue radici nella plastica antica, in particolare quella etrusca, nel tentativo di ricostruire, attraverso la plasticità della terra, una forma organica.
Negli anni Duemila, Bergomi passa dalla terracotta al bronzo, dando inizio a una nuova fase del suo lavoro. Opere esemplari di questo momento sono Interno di bagno con figura femminile (2001), i busti di Ilaria con cappelli dalle differenti fogge, due bassorilievi della moglie, o ancora un suo Autoritratto (2004), in cui il colore, seppur su un nuovo supporto materico, torna a essere elemento caratterizzante.
Negli anni più recenti Bergomi accetta la sfida di confrontarsi con la statuaria pubblica: da Uomini, delfini, parallelepipedi realizzata nel 2000 per l’acquario di Nagoya in Giappone, al monumento dedicato a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, la prima scultura pubblica mai dedicata a Milano a una donna, fino al monumento per le vittime del Covid, Cacciata dal Paradiso, per il cimitero Vantiniano di Brescia, di cui è presentato un bozzetto in gesso.
La mostra si conclude con Africa con violoncello, esposta alla Biennale di Venezia del 2011, e l’opera inedita Colazione a letto (2024), serena oasi domenicale, sospesa in un’attesa quotidiana, dove si riuniscono tre generazioni – lo stesso Bergomi con la moglie, una figlia e due giovani nipoti – a condividere a letto il primo pasto della giornata, che rende omaggio alla storia della sua famiglia e che chiude idealmente il cerchio aperto con il quadro del 1978 che raffigurava le origini familiari dell’artista.
Info utili
Museo di Santa Giulia e Grande Miglio, Castello di Brescia: martedì – domenica
Fino al 30 settembre: 10 – 19 (ultimo ingresso ore 18.15)
Dal 1° ottobre al 1° dicembre: 10 – 18 (ultimo ingresso ore 17.15)
L’ingresso è gratuito.