Il prossimo 9 novembre, così come da tradizione nell’anniversario della posa della prima pietra del cimitero Vantiniato di Brescia, si terrà la cerimonia del Famedio. Il pantheon dei bresciani illustri quest’anno si arricchirà di due nomi, di due personalità che hanno lasciato il segno e che sono scomparse nel 2022.
È stata come da regolamento la Commissione consultiva per le onoranze al Famedio ha scegliere lo scorso mese di ottobre. I nomi che da giovedì compariranno all’interno del pantheon sono quelli del vescovo Bruno Foresti e di padre Rosino Gibellini.
La cerimonia si svolgerà alle 15 proprio all’interno del Famedio. Saranno presenti le autorità e ci saranno anche alcuni momenti musicali oltre che letture.
Bruno Foresti è stato vescovo di Brescia dal 1982 al 1998, quando rassegnò le dimissioni per raggiunti limiti d’età. Dal gennaio 1999 si è ritirato a Predore, a pochi passi dalla sua Tavernola Bergamasca, fino al 2021 quando per motivi di salute è stato accolto nella casa di riposo Baldo di Gavardo dove è spirato il 26 luglio 2022 dopo pochi mesi dal 99esimo compleanno.
Rosino Gibellini è uno degli intellettuali bresciani più noti in ambito internazionale. Padre Piamartino, filosofo e teologo, ha dedicato tutta la vita allo studio e all’editoria, senza mai cedere alla fatica, fino agli ultimi giorni dei suoi 96 anni. Si è spento il 25 novembre dello scorso anno.
Le biografie
Bruno Foresti
Tavernola Bergamasca 6 maggio 1923 – Gavardo 26 luglio 2022
Vescovo di Brescia
Monsignor Bruno Foresti è stato Vescovo ordinario di Brescia per 15 anni. Un tempo relativamente breve, rispetto ai cento anni di vita vissuta, ma talmente significativo nella sua vicenda di sacerdote, di uomo di Chiesa e di Vescovo da chiedere di essere sepolto nella cattedrale della nostra città.
Nato a Tavernola Bergamasca il 6 maggio del 1923, Bruno Foresti entra nel seminario di Clusone a 11 anni. Il 7 aprile 1946 è ordinato sacerdote dal vescovo di Bergamo mons. Adriano Bernareggio, durante la festa della Sacra Spina a San Giovanni Bianco. Dopo l’ordinazione, dal 1946 al 1951 è vicerettore del Seminario minore di Clusone, del quale diventa successivamente rettore superiore dal 1951 al 1967. In quell’anno viene nominato parroco di San Pellegrino Terme, incarico che mantiene fino alla nomina episcopale. Il 12 dicembre 1974 è il Papa bresciano Paolo VI a sceglierlo come vescovo ausiliare della Diocesi di Modena e Nonantola e titolare di Plestia. Il 12 gennaio 1975 riceve l’ordinazione vescovile nella Cattedrale di Bergamo dall’arcivescovo Clemente Gaddi, consacranti anche l’arcivescovo di Modena Giuseppe Amici e il vescovo di Brescia Luigi Morstabilini.
Foresti entra a Modena a fine gennaio del 1975 e alloggia alla Casa del clero dove risiede l’arcivescovo Amici, che alcuni mesi dopo rassegna le dimissioni per raggiunti limiti d’età. Foresti viene prima nominato amministratore apostolico e quindi nell’aprile 1976 riceve la piena titolarità e la nomina di arcivescovo di Modena e di abate di Nonantola dalle mani di Paolo VI.
Durante il periodo modenese viene particolarmente apprezzato per la franchezza e la coerenza del suo tratto, per la sua presenza immancabile alle attività delle parrocchie e agli appuntamenti della vivace diocesi emiliana. Si distingue per l’attenzione ai giovani che ha il suo apice nell’incontro settimanale dei “Martedì del vescovo”. Si mostra particolarmente attento anche alle povertà materiali e spirituali e per far fronte a queste promuove il Ceis – Centro italiano di solidarietà – e altre strutture caritative e sociali.
Il 7 aprile 1983 Papa Giovanni Paolo II lo trasferisce come Vescovo di Brescia, lasciandogli ad personam il titolo di arcivescovo. Tocca quindi al bergamasco Foresti prendere il testimone di un altro bergamasco, mons. Luigi Morstabilini, originario di Gromo e suo amico da tempo. Il 18 giugno fa l’ingresso nella nostra Diocesi. Suscitando qualche sorpresa, Foresti mantiene lo stile che aveva quando era a Modena: ama raggiungere le parrocchie anche più lontane della Diocesi alla guida della sua auto, si presenta senza particolari convenevoli alla porta dei parroci e dei sacerdoti, va spesso negli oratori. Il suo fare schietto è contraddistinto da un carattere deciso e a volte un po’ scontroso. Lui stesso lo riconosce e non manca di scusarsene. Nella Diocesi di Brescia cammina sempre cercando – come dice – di essere “buon pastore” piuttosto che “condottiero”, un compagno di viaggio schietto, anticonformista, mite, dolce, severo, schivo ai potenti, disponibile agli umili. I suoi quindici anni da arcivescovo di Brescia lasciano segni profondi nella Diocesi.
Il 19 dicembre 1998 presenta a Giovanni Paolo II la sua rinuncia, per raggiunti limiti di età. L’11 gennaio 1999 prende congedo da Brescia e il giorno successivo di ritira a Predore, sulle sponde del lago d’Iseo. Lì rimane fino al 2021, quando per ragioni di salute viene accolto nella Casa di riposo Cenacolo Elisa Baldo di Gavaredo, dove spira il 26 luglio 2022. Dopo le esequie celebrate dall’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini, viene sepolto provvisoriamente a Tavernola Bergamasca e quindi tumulato definitivamente nella cattedrale di Brescia, il 6 maggio 2023, giorno nel quale avrebbe compiuto cent’anni.
Rosino Gibellini
Gambara 22 luglio 1926 – Brescia 25 novembre 2022
Teologo e filosofo
Padre Piamartino, filosofo e teologo, padre Rosino Gibellini ha dedicato tutta la vita allo studio e all’editoria, senza mai cedere alla fatica, fino agli ultimi giorni dei suoi 96 anni.
Rosino Gibellini nasce a Gambara, nella pianura bresciana, nell’estate del 1926. Cresciuto dalla mamma Clementina, rivela presto una mente brillante e predisposta allo studio. A 12 anni viene avviato al seminario della famiglia religiosa piamartina dall’allora curato di Gambara don Palmiro Tavini. Dopo la maturità classica ottenuta con la lode, nei primi anni Sessanta frequenta la Pontificia Università Gregoriana a Roma, dove si laurea con il massimo dei voti e la medaglia d’oro con una tesi sul peccato originale. Subito dopo frequenta a Milano l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Allievo della filosofa Sofia Vanni Rovighi, si laurea con una tesi su Pierre Teilhard de Chardin.
Nel frattempo prende i voti e nel 1951 viene ordinato sacerdote tra i Piamartini di Brescia. Seguendo le orme del padre Giovanni Battista Piamarta, fondatore della Congregazione religiosa della Sacra Famiglia di Nazareth, inizia la sua intensa attività nell’Editrice Queriniana, che proprio su volere del fondatore da stamperia tipografica, nel tempo si è trasformata in casa editrice. L’opera di Rosino Gibellini si inserisce nel filone che ha preso origine dal Concilio Vaticano II e che grazie a “Concilium” raggruppa i più grandi teologi venuti a Roma per partecipare ai lavori del Concilio in qualità di periti. A partire da questo primo impulso decisivo l’Editrice Queriniana inizia a pubblicare opere di altissimo profilo. Prendono così forma due prestigiose collane “Biblioteca di teologia contemporanea” e “Giornale di teologia”, entrambe dirette da Rosino Gibellini. Con universalmente riconosciute competenza e curiosità intellettuale, per oltre sessant’anni è direttore della Queriniana. Grazie a lui le collane della casa editrice diventano punti di riferimento per gli studiosi a livello internazionale. Sfogliando il catalogo appaiono i nomi di Küng, Barth, Bonhoeffer, Balthasar, Ratzinger, Rahner, Pannenberg, Moltmann, Schillebeecks, Dupuis, Kasper. La Queriniana offre un catalogo di riferimento anche per le antologie da lui curate sulle teologie femministe e sulle teologie in Africa, Asia, America Latina. Lui stesso confessa la sua linea editoriale in un capitolo di quel che è il suo capolavoro come autore, “La teologia del XX secolo”, divenuto in breve tempo, in forza delle molte traduzioni, un paradigma storiografico. Secondo Gibellini quel che caratterizza la teologia post-conciliare è la ricerca dell’umano nelle tracce del religioso. Per lui la teologia è tra i linguaggi più espressivi dell’umano, proprio perché ricerca di Dio. Di qui l’apertura del suo sguardo: le sue monografie su Teilhard de Chardin, Pannenberg e Moltmann diventano dei classici.
Studioso e laborioso, instancabile creatore di progetti, padre Rosino Gibellini legge, studia, traduce, interviene. E durante l’intera vita, viaggia incessantemente: Innsbruck, Monaco, Friburgo sono le prime tappe per incontrare i maggiori teologi tedeschi. Ma poi anche negli Stati Uniti, in America Latina, in India, Africa e Giappone. Egli indica proprio nell’internazionalità il tratto distintivo della teologia degli ultimi decenni.
Amico di molti degli autori che va pubblicando Gibellini diventa una presenza significativa anche alla Buchmesse, la celebre fiera del libro di Francoforte. Allo stand della Queriniana sovente si vedono arrivare Küng o Pannenberg, o il cardinale Karl Lehmann: cercano “l’amico padre Rosino”.
Tra le virtù che lo caratterizzano non ci sono solo l’intelligenza e l’ironia, ma anche la generosità. Al punto da assecondare le richieste di altri editori italiani che gli chiedono contributi. La sua risposta era: «Anche lo Spirito, che soffia dove vuole, è liberale…». Durante la sua lunga e vivace vita intellettuale ha collaborato con numerose riviste, fra le quali spiccano “Humanitas”, “Vita e pensiero” e “Il Regno”. Il suo testamento spirituale si può intravvedere in “Meditazioni sulle cose ultime”. Un libro dove si mostra come la riflessione sui Novissimi, in particolar modo con von Balthasar, sia stata nel Novecento un superamento del problema dell’inferno, a favore di una considerazione del Dio misericordioso che salva tutti. L’apocalisse sarà un nuovo inizio: «Dio, e non il male, ha l’ultima parola».
Intelligenza e ironia, gioia e stupore: con queste parole conclude il suo diario privato. Muore a Brescia il 25 novembre 2022.