Nel Mezzogiorno, oggi, si pagano più pensioni che stipendi, ma nel giro di qualche anno il sorpasso è destinato a compiersi anche nel resto del Paese. Entro il 2028 sono infatti destinati a uscire dal mercato del lavoro – per raggiunti limiti di età – 2,9 milioni di italiani, di cui 2,1 milioni attualmente occupati nelle regioni centro-settentrionali.
È quanto ha messo, nero su bianco, la l’Ufficio studi della Cgia, che ha elaborato i dati dell’Inps e dell’Istat.
Gli assegni erogati dall’Inps, dunque, sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici. Questo significa che a rischio c’è la sostenibilità economica del nostro sistema sanitario e previdenziale.
LA SITUAZIONE NEL NORD ITALIA
Oggi – certifica la Cgia – ci sono 11 province settentrionali che , come quasi tutte quelle del sud Italia, registrano un numero di pensioni erogate superiore alle buste paga: Sondrio (saldo pari a -1.000), Gorizia (-2mila), Imperia (-4mila), La Spezia (-6mila), Vercelli (-8mila), Rovigo (-9mila), Savona (-12mila), Biella (-13mila), Alessandria (-13mila), Ferrara (-15mila) e Genova (-20mila).
Tutte le 4 province della Liguria presentano un risultato anticipato dal segno meno, mentre in Piemonte sono tre su otto.
SOLO 47 PROVINCE SU 107 HANNO UN SALDO POSITIVO. SOLO 2 NEL SUD ITALIA
Delle 107 province d’Italia monitorate in questa analisi dell’Ufficio studi della CGIA, solo 47 presentano un saldo positivo: le uniche realtà del Mezzogiorno che registrano un segno più sono Cagliari (+10mila) e Ragusa (+9mila).
BRESCIA? LA PIU’ VIRTUOSA DOPO MILANO E ROMA
A livello territoriale la realtà più virtuosa d’Italia è la Città metropolitana di Milano (differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati pari a +342mila). Seguono Roma (+326mila), Brescia (+107mila), Bergamo (+90mila), Bolzano (+87mila), Verona (+86mila) e Firenze (+77 mila).
Tra le province del Centro, infine, spiccano i risultati delle toscane: come Prato (+33mila), Pisa (+14mila) e Pistoia (+6mila)