La realizzazione del padiglione Covid-19 all’interno degli Spedali Civili, in quella che era, o è, la “Scala 4” continua a suscitare perplessità. Ora a porre alcune domande è l’Ordine dei Medici di Brescia e lo fa in un comunicato stampa che ha più il sapore di “lettera aperta alla Regione Lombardia”.
“Allora poniamo solo poche domande, magari inutili, perché già affrontate dai tecnici che sicuramente avranno avuto parte determinante nel progetto in fieri.
Ristrutturare un padiglione dell’anello bordoniano in 60 giorni soddisferà i requisiti minimi previsti dall’OMS per questa tipologia di struttura? (Severe Acute Respiratory Infections Treatment Centre Practical manual to set up and manage a SARI treatment centre and a SARI screening facility in health care facilities. March 2020 WHO. pag. 36).
Sono aspetti tecnici che certamente saranno stati valutati ed indispensabili per garantire adeguatezza clinica e riduzione del rischio infettivo.
Si sono previsti e si potranno realizzare, nei tempi indicati, percorsi differenziati per l’accesso ai servizi fra pazienti COVID e no COVID? Per gli stessi servizi (esempio imaging) saranno previste e realizzate le indispensabili aree COVID dedicate?
Quali malati dovranno accedere al nuovo reparto?
Malati di media – severa gravità? I requisiti mutano radicalmente.
Questi malati provengono dal territorio; è lapalissiano. Ed allora vi propongo uno scenario, che sconta limiti di arbitrarietà.
Ipotizziamo, speriamo, che l’andamento epidemico sia in declino e che i pazienti COVID sul territorio, come in questi giorni sta avvenendo, diminuiscano in modo molto rilevante. Ne rimarranno alcuni, pochi ancora speriamo, che però costituiranno focolai di possibile ripresa epidemica. In questo scenario dovremo prevedere, dicono gli esperti, che tutti possano essere ricoverati. Sì tutti. Perché questo sarà, allora, uno dei pochi metodi per evitare la ripresa della diffusione del contagio (si pensi all’inevitabile progressiva, graduale riduzione delle misure restrittive. Non ora certamente).
Questi malati, molti non gravi, con necessità di assistenza medio bassa, ma portatori del virus troveranno utile, corretta collocazione nel nuovo padiglione all’interno dell’ospedale?
E i guariti non dimissibili, sia per ragioni cliniche che sociali, continueranno ad essere inviati all’ospedale “diffuso”? E’ proponibile che rimanga attivo, in tutte le sue articolazioni, nel medio o lungo termine?
Sembra che l’ipotesi, più volte ventilata, di una struttura modulabile esterna, ma vicina all’ospedale per malati a bassa e media intensità (tutti i nuovi COVID) e i convalescenti o non dimissibili sia stata abbondonata, come invece consigliano le agenzie tecniche internazionali.
E pure abbandonata l’ipotesi di utilizzo di strutture già esistenti, come l’attuale Medicina Infettivi, opportunamente ristrutturata, anche con la realizzazione di sezioni dedicate di imaging e di altre procedure specialistiche al suo interno, e che già dispone almeno in parte dei requisiti OMS, dove ricoverare malati gravi, anche ad alta intensità.
Sicuramente vi saranno valide motivazioni per la scelta proposta, anche se abbiamo raccolto non poche perplessità dai colleghi ospedalieri.
Ultima soggettiva, e quindi del tutto criticabile, questione. Un ospedale, con nel cuore un reparto COVID (pur con tutte le garanzie di sicurezza, si presuppone), che reazioni potrà determinare su chi vorrà accedervi per la patologia “normale” che l’epidemia ha oscurato, ma, ovviamente, per niente attenuato?
Queste domande scontano l’inadeguatezza tecnica di chi le propone, ma ciò dovrebbe facilitare risposte chiare e convincenti.
Ottavio Di Stefano per l’Ufficio di Presidenza dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Brescia