Un sorpasso statistico che suscita impressione e tiene alta l’attenzione sulla sostenibilità del sistema pensionistico. “Con un notevole grado di certezza – dice l’Ufficio studi della Cgia di Mestre – possiamo affermare che il numero delle pensioni erogate in italia ha superato quello degli occupati”.
Ricorda l’associazione veneta degli artigiani che “in virtù degli ultimi dati disponibili, se nello scorso mese di maggio coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di unità, gli assegni pensionistici erogati sono superiori. Al 1° gennaio 2019 , infatti, la totalità delle pensioni erogate in Italia ammontava a 22,78 milioni. Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro da parte di chi ha raggiunto il limite di età e dell’impulso dato dall’introduzione di “quota 100″, successivamente all’1 gennaio dell’anno scorso il numero complessivo delle pensioni è aumentato almeno di 220 mila unità. Pertanto, possiamo affermare con una elevata dose di sicurezza che gli assegni stanziati alle persone in quiescenza sono attualmente superiori al numero di occupati presenti nel Paese”.
Un sorpasso che, come scrive Repubblica, ha ricevuto una spinta dal Covid, che come sappiamo ha congelato il mercato del lavoro, colpendo soprattutto le fasce più fragili come i giovani con contratti a tempo e le donne. “Dopo l’esplosione del Covid – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, in una nota – è seguito un calo dei lavoratori attivi. Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del Pil. Con culle vuote e un’età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione”.
Sulla base di dati che si fermano all’inizio dello scorso anno, la Cgia evidenzia che il problema è più forte nelle regioni del Sud Italia, che “presentano un numero di pensioni superiore a quello degli occupati. Tra le province meridionali solo tre registrano un saldo positivo, ovvero più lavoratori attivi che pensioni erogate. Esse sono: Teramo, Ragusa e Cagliari”.
Migliore il quadro del Nord, con l’eccezione della Liguria “che ha tutte le 4 province con il saldo negativo e il Friuli Venezia Giulia che ha un saldo pari a zero. Al Centro, invece, male anche l’Umbria e le Marche. Ovviamente, le situazioni più problematiche si registrano nelle aree dove l’età media è più avanzata. A livello regionale quella più elevata si trova in Liguria (48,46 anni medi). Subito dopo scorgiamo il Friuli Venezia Giulia (47), il Piemonte (46,54), la Toscana (46,52) e l’Umbria (46,49). A livello provinciale, invece, la realtà più “vecchia” d’Italia è Savona (48,85 anni medi), seguono Biella (48,70), Ferrara (48,55), Genova (48,53) e Trieste (48,39). Le più giovani, invece, sono Bolzano (42,30), Crotone (42,18), Caserta (41,35) e Napoli (41,31)”.