Dal carcere dove è rinchiuso da anni con l’accusa di aver ucciso Desirèe Piovanelli Giovanni Erra continua a professare la sua innocenza. “Ero a casa mia quel giorno” sostiene l’uomo condannato a 30 anni per l’assassino della 14enne di Leno uccisa nel 2002 con il corpo trovato nella cascina Ermengarda alle porte del paese.
Il tutto avviene mentre i legali di Erra, gli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza stanno lavorando all’istanza di revisione del processo. Riapertura delle indagini chiesta anche dal padre di Desirèe, Maurizio Piovanelli convinto che dietro all’omicidio della figlia possa nascondersi qualcosa di più grave del semplice tentativo di stupro da parte del branco.
Questioni legate ad un giro di pedofilia. Tornando a Giovanni Erra l’uomo, in una lettera, ha parlato di un certo Roberto esortato ad aiutarlo ad “uscire dall’incubo”. Ad avvalorare la tesi di Erra e dei suoi legali sarebbero emerse delle intercettazioni telefoniche che potrebbero dare un nuovo corso alle indagini.
Elementi che scagionerebbero Erra facendo crollare il castello accusatorio. Per l’omicidio della giovane oltre a Giovanni Erra furono condannati tra minori rispettivamente a 18,15 e 10 anni di carcere.
Secondo l’accusa Desirèe morì perchè si ribellò al tentativo di stupro ma queste “nuove prove” possono cambiare il corso della storia di uno degli omicidi più efferati della nostra provincia.