La pistola ad impulsi elettrici, il Taser, voluta fortemente dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini come dotazione per le forze di polizia, non sarebbe adeguata, almeno per il momento, per arrivare nelle mani di agenti, carabinieri e finanzieri: secondo il Viminale non è andato bene il collaudo a Brescia, l’arma ha mostrato alcuni difetti.

«Criticità relativa alla fuoriuscita dei dardi. Un difetto dei requisiti minimi previsti dal capitolato tecnico», c’è scritto in un comunicato del dipartimento di pubblica sicurezza. E così una direttiva del ministero dell’Interno ha disposto il ritiro «fino a nuove disposizioni» dei 32 taser che in questi mesi erano stati distribuiti alle forze di polizia per la sperimentazione. E l’unica società che aveva partecipato al bando di gara per la fornitura, la “Axon Public Safety Germany Se”, è stata esclusa dalla gara. In fumo sono andati circa 50 mila euro: un taser costa intorno ai 1.500 euro. «Rimane intento del dipartimento di Pubblica sicurezza — c’è scritto nella nota diffusa ieri — di dotare le forze di polizia di questa arma, ritenuta pienamente corrispondente alle esigenze operative».


«Mentre il governo blocca la sperimentazione del Taser e pensa di cancellare i decreti sicurezza che danno più tutele alle Forze dell’Ordine, nel carcere di Perugia una detenuta ha staccato un orecchio a una poliziotta», ha detto ieri il leader della Lega Matteo Salvini. La sperimentazione del taser (la pistola spara dardi che emettono impulsi elettrici che immobilizzano per alcuni secondi la muscolatura) è partita, dal 2018, in dodici città: Milano, Torino, Firenze, Napoli, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia, Brindisi, Genova, Bologna. Nel giugno 2019, Salvini deliberò le somme per il bando che riguardava l’acquisto. A gennaio è stato emanato il bando che poi l’Axon si è aggiudicato. Alle forze di polizia sarebbero arrivate 4.482 pistole taser: 1.600 alla polizia, 2.626 all’Arma, 256 alla Finanza. Totale dell’appalto: oltre 8milioni e mezzo. Adesso è tutto da rifare.

«Sembra ci siano state delle modifiche al dardo originario nei taser già forniti alle forze di polizia. Modifiche apportate per renderlo il meno offensivo possibile», dice Felice Romano, segretario generale del sindacato di polizia Siulp. Alla società Axon, però, nessuno conferma queste modifiche. La replica della Axon non tarda ad arrivare: «Ai test ufficiali non era presente alcun rappresentante Axon. Non è corretto riportare un’eventuale pericolosità in caso di malfunzionamento dei dispositivi: tale circostanza non si è mai verificata nei 107 Paesi che hanno adottato l’utilizzo del dispositivo. Rispetto agli esiti della gara la società ha preso atto dell’esito della procedura con stupore e sorpresa considerato che nel corso delle precedenti prove balistiche, svolte in contraddittorio, i dispositivi avevano dimostrato piena aderenza alle specificità tecniche previste dal bando di gara».


Sulla vicenda si addensa anche un piccolo giallo. E c’è chi sospetta che dietro al collaudo fallito ci sia dell’altro. «L’attuale maggioranza di governo ha mostrato scetticismo e ci auspichiamo che questo scetticismo non rallenti l’acquisto e la distribuzione dei taser. Nel collaudo con colpi a vuoto, in alcuni casi il dardo si è staccato dal cavo attraverso il quale passa l’impulso elettrico», dice il segretario del Sap, Stefano Paoloni. Che aggiunge: «Una statistica interna dimostra che in 14 casi su 15 in cui il taser è stato soltanto mostrato, la persona si è arresa alla polizia senza reagire».


Per il portavoce nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, questo stop alla fornitura è una conferma ai dubbi sollevati due anni fa. «Nel 2018 presentammo un’interrogazione parlamentare al governo dove chiedevamo quali rischi e quali cautele erano state messe in opera per l’utilizzo dei taser da parte delle forze dell’ordine. Ci furono alcuni politici, i soliti, che in modo sguaiato ci accusarono di essere amici dei criminali e così via. Oggi veniamo a sapere che il Viminale ha disposto il ritiro dei taser per difetti. Una conferma autorevole del fatto che avevamo ragione a porre dubbi».