Green Hill ha perso, e sta perdendo ancora. Il simbolo della vivisezione e sperimentazione scientifica, cruenta, sugli animali, è in vendita, ma nessuno è disposto a comprarla.
Nel 2012, nella struttura sul Colle San Zeno di Montichiari, ci fu un blitz da parte del movimento animalista in cui vennero liberati 70 cani. Un episodio che portò alla luce, nel corso delle indagini, una serie di reati compiuti nell’allevamento.
La tatuatura con aghi ed il taglio delle unghie fino alla base, con relativa rottura dei vasi sanguigni è uno dei tanti esempi, ci fu anche la pratica aziendale di uccidere i cani affetti da patologie per contenere i costi o semplicemente perché ritenuti non idonei allo scopo. Questa, era Green Hill.
Nel sequestro dell’allevamento, 2639 cani destinati alla vivisezione furono concessi in adozione alle famiglie. Le pene a 4 anni di reclusione inflitte al direttore Roberto Bravi, al veterinario Renzo Graziosi e a Ghislaine Rondot, definitive.
Oggi, la struttura dismessa, contenente uffici e cinque capannoni distribuiti su 5 ettari di terreno, è sul mercato e nella relazione di bilancio 2018 della Great Divide Aps è messa nero su bianco. La multinazionale di Copenaghen detiene il 100% del capitale sociale di Green Hill, chiuso con una perdita d’esercizio di 135,152 mila euro.
Nel 2017, erano trapelate alcune indiscrezioni sulla riconversione del sito in maneggio per cavalli. Ipotesi tramontata immediatamente. L’anno scorso la struttura aveva un valore inserito a bilancio di 4,2 milioni, ma a dirla tutta, il prezzo reale lo farà il mercato e l’eventuale offerta.
Sulla sfondo, come riporta BresciaOggi, c’è la certezza però, che in quei cinque capannoni sul colle a Montichiari, non saranno più allevati cani da laboratorio.