È una morte sul lavoro quella di Guido, 46 anni, stroncato in pochi giorni dal Coronavirus. Guidava le ambulanze al papa Giovanni XIII di Bergamo.
È il primo risarcimento che l’Inail riconosce per morte sul lavoro, esattamente come un muratore che cade da un’impalcatura. A scriverlo è Repubblica.it
«L’assegnazione della rendita è possibile utilizzando l’articolo 42 del decreto legge “Cura Italia” del 17 marzo», ha spiegato Alessandra Lanza, responsabile di Inail Lombardia.
Una norma recente che al secondo comma prevede: «Nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura la relativa tutela dell’infortunato».
Quindi, chi si ammala sul lavoro a causa dell’epidemia ha diritto ad un risarcimento che può arrivare fino ad una rendita mensile agli eredi nel caso di morte.
Il decreto prevede anche che le “prestazioni Inail nei casi accertati di infezione da Coronavirus sul luogo di lavoro, sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente estensione dal lavoro”.
Questa situazione è valida anche per i lavoratori che non hanno il trattamenti di malattia e che devono comunque rinunciare alla loro attività.
Secondo Alessandra Lanza, presto questi trattamenti Inail potranno essere estesi ad altri tipi di professioni come ad esempio cassiere dei supermercati, autisti dei mezzi pubblici, addetti alle attività a contatto con il pubblico come le biglietterie delle stazioni, sportelli bancari non automatizzati, forze dell’ordine impegnate nelle attività di controllo nelle strade.
All’Inail stanno attendendo il decreto applicativo del Governo