Nel 2020 il settore Alimentare bresciano regge all’urto della crisi. Lo testimoniano i dati: i bilanci di circa 130 realtà della provincia dicono che il 29% delle aziende si posizionano nella classe A (solo tre punti in meno rispetto al periodo pre-crisi), e solo il 4% delle aziende si posiziona in classe D (l’ambito che accoglie le realtà potenzialmente più fragili).
L’analisi mostra dunque una tenuta più solida rispetto alla situazione rilevata nel 2019, infatti le imprese bresciane attive nel settore Alimentare hanno registrato una notevole robustezza, reggendo – e in alcuni casi anche crescendo – durante la crisi globale come quella generata dalla pandemia da Covid-19.
A evidenziarlo è lo strumento dell’ISM (Indice Sintetico Manifatturiero, un modello statistico multivariato che si pone come strumento complementare all’analisi di bilancio tradizionale), frutto della collaborazione tra il Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
“Il comparto alimentare, per sua natura anticiclico, ha retto bene l’urto della crisi legata alla pandemia – ha commentato Daniela Grandi, presidente del settore Agroalimentare, Caseario di Confindustria Brescia – Guardiamo quindi con fiducia al prossimo anno, pur nella consapevolezza di alcune incertezze”.
“I temi del difficile reperimento delle materie prime e della crescita dei costi dell’energia rischiano di avere un impatto su numerose aziende che sono nostre fornitrici, e quindi per riflesso sull’intera filiera – ha concluso la presidente Grandi – In questo momento i costi vengono ribaltati interamente sulle imprese, ma c’è il rischio che a breve possano trasferirsi anche sui consumatori finali. Un tema su cui terremo alta l’attenzione, insieme ad alcune importanti iniziative con le scuole che, come settore, presenteremo in questo 2022”.