Come ampiamente annunciato, mercoledì è stato il giorno degli interrogatori dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’ex minisitro della Salute Roberto Speranza al Tribunale dei Ministri di Brescia. Il riferimento è ovviamente all’inchiesta avviata dalla Procura di Bergamo sulla gestione della primissima fase della pandemia covid: dalla mancata istituzione delle zone rosse di Alzano e Nembro, alla mancata applicazione del pano pandemico sebbene fosse molto datato.
I due esponenti politici sono arrivati al PalaGiustizia nel primo pomeriggio con auto dai vetri oscurati e sfruttando un ingresso secondario per evitare giornalisti e un presidio no-vax. Ci hanno pensato i loro difensori a riferire quanto avvenuto all’interno, a porte chiuse.
Secondo Caterina Malavenda, avvocato dell’ex Premier, l’attuale leader dei Cinque Stelle avrebbe risposto a tutte le domande, ricostruendo quanto avvenuto nei giorni fra il 26 febbraio e il 6 marzo. “È stato esauriente – ha detto la legale secondo l’Ansa – Noi ci fidiamo dei giudici e confidiamo che tutto finisca presto e bene”.
L’ex Ministro avrebbe invece rilasciato una dichiarazione spontanea di circa una mezz’ora. Speranza, come ha riferito il suo legale Guido Calvi, oltre ad aver “illustrato le ragioni della sua condotta, rispettosa delle norme, ha ribadito l’estraneità di ogni addebito”.
Speranza avrebbe detto di non aver applicato il piano pandemico perché ritenuto inefficiente contro il covid dalla comunità scientifica, ma di aver subito applicato alcune misure preventive come il blocco dei voli dalla Cina. La difesa di Speranza si basa sul presunto errore della Procura bergamasca indotto dal consulente Andrea Crisanti: una raccomandazione dell’Oms risalente al 5 gennaio ritenuta vincolante, quando invece il cambio di passo ci sarebbe stato solo il 30.