Dopo l’annuncio di Pfizer sull’efficacia al 90% del vaccino anti-covid made in Usa, scoppia una sorta di gruerra fredda su questo tema.

“Il vaccino russo contro il coronavirus Sputnik V ha dimostrato un’efficacia del 92 per cento sulla base delle prime analisi ottenute 21 giorni dopo che ai volontari è stata somministrata la prima iniezione del farmaco”. È quanto si legge in un comunicato stampa pubblicato nell’account Twitter ufficiale del Centro Gamaleya, istituto produttore del vaccino. Ben 40 mila volontari stanno attualmente partecipando alla fase 3 degli studi clinici; di loro oltre 20 mila hanno già ricevuto la prima dose del vaccino, mentre oltre 16 mila hanno ricevuto sia la prima, sia la seconda dose.

“Gli studi hanno valutato l’efficacia fra oltre 16 mila volontari che hanno ricevuto il vaccino o il placebo 21 giorni dopo la prima iniezione. Come risultato di un’analisi statistica di 20 casi confermati di coronavirus, la suddivisione del caso tra individui vaccinati e coloro che hanno ricevuto il placebo indica che il vaccino Sputnik V ha avuto un tasso di efficacia del 92 per cento dopo la somministrazione della seconda dose”, si legge nel comunicato.

Secondo il comunicato stampa, l’osservazione di altri 10 mila volontari vaccinati, che rappresentano medici e altri gruppi ad alto rischio, “ha anche confermato un tasso di efficacia del vaccino di oltre il 90 per cento”. “In base ai dati all’11 novembre, non sono stati identificati eventi avversi imprevisti nella fase di ricerca. Per alcune delle persone vaccinate sono emersi eventi avversi minori a breve termine come dolori nel punto dell’iniezione e una sindrome simil-influenzale con febbre, debolezza, affaticamento e mal di testa”, si legge nel comunicato. L’osservazione dei volontari proseguirà per altri sei mesi, dopodiché verrà presentato il rapporto finale.

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