Un bonus fino a 20 mila euro, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, da corrispondere attraverso le detrazioni delle spese sostenute e documentate nella dichiarazione dei redditi, per chi si sposa in Chiesa.
E’ quanto prevede una proposta di legge presentata a Montecitorio dai deputati della Lega Domenico Furgiuele, Ingrid Bisa, Alberto Gusmeroli, Simone Billi ed Erik Pretto.
Per le spese documentate connesse alla celebrazione del matrimonio religioso, quali la passatoia e i libretti, l’addobbo floreale, gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, il servizio di acconciatura e il servizio fotografico è riconosciuta, a partire dal 1 gennaio 2023, per le coppie under 35, una detrazione dall’imposta lorda nella misura del 20 per cento delle spese fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 20.000 euro, da ripartire appunto tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo. I beneficiari – è scritto nel testo – devono essere in possesso della cittadinanza italiana da almeno dieci anni ed avere un indicatore della situazione economica equivalente, al 31 dicembre del 2022, non superiore a 23.000 euro, ovvero non superiore a 11.500 euro a persona.
Le spese connesse alla celebrazione del matrimonio religioso devono essere state sostenute nel territorio dello Stato italiano. Obiettivo del provvedimento, spiegano i proponenti, è quello di combattere la diminuzione dei matrimoni celebrati con rito religioso.
Tra le prime reazioni quella del segretario di Azione, Carlo Calenda, che scrive su Twitter: “Al di là della probabile incostituzionalità, si conferma che la Lega di Salvini è letteralmente fuori controllo”.
Dal canto suo, il segretario nazionale di Più Europa, Benedetto Della Vedova, osserva su Facebook: “La detrazione delle spese sostenute per i matrimoni solo in Chiesa, proposta dalla Lega, si inserisce nel filone dei bonus per qualsiasi cosa e, di per sé, non è così originale.
A qualificarla nel solco reazionario della destra sovranista è il fatto che il beneficio andrebbe riservato a italiane e italiani da almeno dieci anni (e perché donne e uomini nati e cresciuti in Italia che ottengono la cittadinanza dopo i diciott’anni dovrebbero aspettarne altri dieci per sposarsi con il bonus?) e che scelgono il matrimonio religioso, ovviamente rigorosamente etero: una perla di analfabetismo costituzionale. Insomma, meglio della fascistissima tassa sul celibato, ma ce la possiamo risparmiare”. “Ai leghisti che vogliono regalare 20 mila euro di soldi pubblici solo a chi si sposa in chiesa, vorrei svelare un segreto (insegnatomi da un prete): lo Stato è laico. Chi crede in certi valori, non ha bisogno per testimoniarli della mancia corroborante: roba da mercanti del Tempio”, sottolinea in un tweet il senatore del Partito democratico, Enrico Borghi.