Morte di Sana Cheema: fermati padre, fratello e zio della ragazza
Dalla certezza della morte per cause naturali al convincimento di un omicidio per mano dei famigliari. Il cerchio attorno alla tragica scomparsa di Sana Cheema inizia a delinearsi in maniera più dettagliata. Dal Pakistan è arrivata la notizia del coinvolgimento di tre persone finite nel registro degli indagati con le accuse di omicidio e sepoltura senza autorizzazione. Si tratta del padre, uno zio e il fratello della ragazza di 25 anni, cresciuta a Brescia dove ha vissuto fino a novembre scorso, prima di far ritorno in patria e morire lo scorso 18 aprile. «Da cittadina italiana» si legge agli atti dell’inchiesta con i quali vengono contestati gli articoli 302 e 201 del Codice penale pakistano. Nella giornata di ieri la Procura generale dei Kunjah ha iscritto nel registro degli indagati ed il fermo Mustafa Ghulam, 56 anni da compiere tra un mese, di Adnan Cheema, non ancora 31enne, e di uno zio, Iqbal Mazhar. Al momento i tre non possono lasciare il territorio dello Stato pakistano. Nel verbale è stato disposto anche il sequestro del luogo di sepoltura di Sana e fissata l’autopsia sul corpo della giovanissima che a Brescia avrebbe sempre detto di non voler accettare il matrimonio combinato pensato invece per lei dal padre. «Sana è stata uccisa per essersi ribellata» ripetono da giorni gli amici del quartiere. Importante nell’economia della ricerca della verità e della svolta nelle indagini sarebbe stata la discesa in campo della Farnesina.
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