L’avanzare dei contagi e i limiti alle frontiere rovinano le vacanze all’estero di 2,1 milioni di italiani, che prima della pandemia avevano varcato i confini nazionali per le festività di Natale e Capodanno.
E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti/Ixè in riferimento alle nuove restrizioni decise dall’Italia, e altri Paesi, per la variante Omicron, che spinge a dire addio alle grandi capitali europee e alle destinazioni più lontane. Un situazione che provoca anche una diffusa incertezza che sta facendo posticipare prenotazioni e programmi di fine anno, e spinge un numero crescente di italiani a rimanere in patria (magari organizzando una vacanza di prossimità con il passaggio di alcune regioni in giallo e l’arrivo del green pass rafforzato).
A far la parte del leone delle ferie a km zero sono soprattutto i piccoli borghi – come sottolinea la Coldiretti –, consentendo così di coniugare la voglia di tranquillità con la possibilità di godere di spazi di libertà più ampi lontano dalle città o dai luoghi turistici più affollati. Questo fenomeno è favorito anche – continua Coldiretti – dalla diffusione capillare dei 5 mila piccoli comuni italiani, che incrementa la capacità di offrire un patrimonio naturale, paesaggistico, culturale e artistico senza eguali.
A garantire l’ospitalità nei piccoli centri è soprattutto – rileva Coldiretti – una rete composta da 24 mila strutture agrituristiche, con 253 mila posti letto e quasi 442 mila posti a tavola. Gli agriturismi – sottolinea la Coldiretti – (spesso situati in zone isolate della montagna o della campagna in strutture familiari, con un numero contenuto di posti letto e a tavola, e con ampi spazi all’aperto) sono forse i luoghi dove è più facile, nell’estate del covid, garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche.
Ma l’interesse dei turisti per i piccoli centri è importante – continua Coldiretti – anche per la ricerca del buon cibo, con il 16% dei vacanzieri che partecipa ad eventi gastronomici che aiutano a salvare una parte consistente del patrimonio agroalimentare Made in Italy. Questo a partire dai 5.333 prodotti alimentari tradizionali, coltivati da generazioni dagli agricoltori, che non hanno solo un valore economico, ma anche storico, culturale e ambientale; e garantiscono la sopravvivenza della popolazione anche nelle aree interne più isolate.
Non a caso il 92% delle produzioni tipiche nazionali, secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, nasce proprio nei piccoli borghi italiani con meno di cinquemila abitanti: un patrimonio conservato nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture agricole storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari.
© Agenzia Nova – Riproduzione riservata