Un caso chiuso per la giustizia: processati e condannati in via definitiva tutti i coinvolti. Non per la famiglia Piovanelli che da un anno chiede di riaprire le indagini per individuare quello che ritiene essere il mandante del delitto.
Un omicidio collegato al mondo della pedofilia e ai festini con sesso e droga alla presenza di minorenni che in quel periodo venivano organizzati in paese. Parole riferite anche negli uffici della Procura di Brescia nelle scorse settimane.
Il tutto pochi giorni prima di ritrovarsi sul cancello di casa un fantoccio con un teschio. Si tratta di un’intimidazione in piena regola. Secondo il padre tutti sanno a Leno dove risiede la famiglia Piovanelli ed è per questo che si ritiene che quel fantoccio sia stato messo da gente del posto.
Da una persona che in paese può passare inosservata perché ci abita. Secondo il legale, la mano di chi ha legato al cancello di casa Piovanelli il teschio viola potrebbe essere di chi si sente coinvolto.
Nonostante l’intimidazione Maurizio Piovanelli ha già detto che non intende fermarsi per cercare la verità sulla morte della figlia Desiree. «Se pensano di farmi paura si sbagliano. Io vado avanti». A distanza di tanti anni inoltre Giovanni Erra unico ad essere ancora in carcere chiede la revisione del processo