“Mancanza di prove certe”, questa la motivazione alla base dell’assoluzione di tutti gli 11 imputati nel processo per la morte di Sana Cheema, la ragazza pakistana strangolata perché non accettava un matrimonio combinato in patria e perché voleva sposare nel nostro paese il suo fidanzato italiano.
In aula, padre, madre e fratello della ragazza hanno dato una versione pressoché identica dei fatti. I tre hanno confermato la loro innocenza affermando che non esistono testimoni contro di loro. Il fratello inoltre ha aggiunto che il procedimento penale costruito è una storia falsa, senza basi e inventata confermando ancora una volta la tesi che tutti i famigliari di Sana hanno portato avanti finora: Sana è morta per cause naturali dovute a debolezza.
L’esito dell’autopsia però ha confermato la morte per strangolamento. Una morte che è destinata a non avere un colpevole. Un esito non sufficiente a condannare gli accusati.