C’è una morte che chiede giustizia. E’ quella di Sana Cheema, la ragazza pakistana di 24 anni uccisa in patria lo scorso aprile dopo aver rifiutato un matrimonio combinato.
Sana voleva costruirsi una vita a Brescia, dove voleva sposare il suo coetaneo italiano. Una scelta che l’ha portata alla morte con un taglio alla gola. Dopo le 11 assoluzioni in patria la giustizia italiana vuole scrivere un finale diverso. Il procuratore generale Pier Luigi Maria Dell’Osso ha avocato sé l’indagine e ha iscritto tra gli indagati per omicidio volontario il padre, lo zio ed un fratello.
Quella del Procuratore Generale è una sfida contro il tempo, dato che a fine maggio Dell’Osso andrà in pensione. C’è la voglia però di dare un epilogo diverso e nei prossimi giorni verranno ascoltati alcuni amici della ragazza e anche l’ex fidanzato italiano. Una scelta condivisa dall’assessore alla Sicurezza di Regione Lombardia Roberto De Corato che l’ha definita “un segnale forte”. Gli fa eco la portavoce Viviana Beccalossi che la reputa “una notizia positiva dopo il processo-farsa in Pakistan”.