La Corte d’Assise di Brescia ha condannato all’ergastolo per omicidio volontario Abdelmjid El Biti, accogliendo la richiesta del pubblico ministero.
“Se non torni con me ti faccio a pezzi e ti faccio sparire, non ti permetterò di stare con altri”. Suo marito Adbelmjid El Biti glielo ripeteva spesso. Lei diceva che dai suoi occhi si capiva che sarebbe stato capace di farlo.
Dietro la scomparsa di Souad Alloumi, i pm Cristina Bonomo e Gianluca Grippo sono sempre stati certi, c’è Adbelmjid El Biti, 51 anni, l’ex consorte finito sotto processo per omicidio premeditato aggravato, soppressione di cadavere, stalking, maltrattamenti, violenza sessuale e minacce.
Davanti alle deposizioni dei parenti e soprattutto della figlia, lo sguardo impassibile di un uomo. Il primo in assoluto a indagare fu il commissario capo della Polizia Locale Paolo Avanzini. Il 4 giugno dello scorso anno un vicino di Souad chiamò El Biti per avvertirlo. La figlia gli aveva bussato perché lei e il fratellino non trovavano più la mamma.
El Biti era conscio di tutto. Il giorno dopo l’imputato segnalò la scomparsa della ex ai servizi sociali, bisognava sistemare i minori. A casa, nella cameretta dei figli, Avanzini trovò fascette da elettricista e l’orologio di Souad. Le immagini della telecamera del bar “Le Rose”, che inquadra il cortile dell’appartamento della 29enne, sono la chiave di volta della ricostruzione accusatoria.
L’imputato lo lasciò alle 4.45 del 4 giugno con un voluminoso borsone nero trascinato a fatica fino alla macchina. Nonostante la telecamera non riesce a riprendere tutta l’area, giocando quindi a vantaggio della difesa, i dubbi sembrano essere ormai pochi su come siano andate le cose, a maggior ragione dopo la deposizioni della figlia di 10 anni.
Eccoci quindi al giorno della sentenza, 6 dicembre 2019, più di un anno dopo. I genitori e i parenti della vittima hanno sempre chiesto e preteso giustizia. Al tribunale Zanardelli di Brescia, quest’ultima, ha dato la sua sentenza.