Finalmente una buona notizia – vista così sembrerebbe una vera e propria rivoluzione – che lascia ben sperare autonomi, liberi professionisti e partite Iva: Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, ha di fatto aperto la partita della riforma fiscale tendendo la mano a loro, i contribuenti più colpiti dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19. E dal Mef, vedi alla voce Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia e delle Finanze, e Laura Castelli, sottosegretario, arrivano le conferme: «Ragioniamo su una riscrittura sostanziale del calendario dei versamenti», ha spiegato Gualtieri, evidenziando che l’obiettivo consiste nel superamento dell’attuale sistema di acconti e saldi, per avviare un nuovo meccanismo che sarà basato «sulla certezza di tempi e adempimenti» oltre che «sulla diluizione in corso d’anno degli importi da versare, calcolati su quanto effettivamente incassato dalle partite Iva».
A tal proposito, riporta Repubblica, è doverosa una precisazione, inutile per chi ne è afflitto direttamente, indispensabile per gli altri: uno dei temi che sembrano più oscuri nel mondo del fisco è quello degli acconti Irpef e del saldo degli acconti Irpef. Il principio di base è che in Italia il contribuente non paga le tasse solo su ciò che ha dichiarato l’anno precedente – come succede in molti Paesi – ma anche su ciò guadagna nell’anno corrente, come ‘acconto’ per il pagamento delle tasse dell’anno successivo. In altre parole, va a credito (o a debito) con il fisco per l’annualità che deve ancora venire. A chi si applica questo meccanismo parecchio controverso? È più facile che si tratti di un autonomo in regime di autoliquidazione (ossia che deve provvedere da sé a fare la propria dichiarazione dei redditi), tuttavia anche il dipendente paga degli acconti in busta paga, sebbene sia il suo datore di lavoro a occuparsene. Il pagamento avviene in due tranche: la prima cade generalmente a cavallo tra fine giugno e metà luglio, la seconda il 30 novembre seguente.
L’ammontare degli acconti è pari al 40% dell’imponibile dell’anno precedente per la prima tranche e al 60% dell’imponibile nella seconda tranche: in totale, quindi, l’acconto è pari al 100% dell’imposta dichiarata nell’anno. Il meccanismo dei saldi degli acconti entra in gioco (e diventa duro da sostenere) quando le cifre guadagnate subiscono variazioni: il fisco assume infatti che un contribuente guadagni la stessa cifra anno dopo anno, e di conseguenza presume che le tasse dovute in un certo anno siano le stesse dell’anno precedente. Se, però, il reddito aumenta, allo stesso modo si comportano le tasse: quindi, quando lo stesso contribuente dovrà pagare il prossimo acconto Irpef, applicherà il contorto – e spesso penalizzante – meccanismo del saldo degli acconti.
Chiusa la parentesi. Ruffini, in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, chiarisce che la proposta – che lui preferisce definire «riflessione» e che entrerà all’interno dell’annunciata riforma complessiva del fisco – segnerebbe il passaggio da un prelievo sugli incassi presunti a uno sugli incassi effettivi o, dal fisco per competenza a quello per cassa, eliminando non solo il sistema del saldo e dell’acconto, ma pure la formazione dei crediti fiscali e la conseguente attesa dei contribuenti per i rimborsi. Si mirerebbe dunque a «superare lo stress e l’ansia che circa 4 milioni di contribuenti tra autonomi, professionisti e partite Iva vivono ogni anno in relazione a un calendario di scadenze fiscali, sovente soggetto a cambiamenti», introducendo un «sistema di liquidazione periodica mensile o trimestrale delle imposte sui redditi basato sugli incassi e le spese effettivi. Questo eliminerebbe l’attuale sistema degli acconti e dei saldi, che genera l’ansia di doversi procurare una provvista per pagare le imposte in anticipo rispetto a un anno che ancora non si sa come andrà e poi per il saldo, magari andando in credito con la conseguente attesa del rimborso».
A livello di tempistiche, Ruffini parla di «pochi mesi» e ipotizza un andamento per tappe, «in una prima fase coinvolgendo solo le imprese minori in contabilità semplificata (fino a 400mila euro di ricavi da servizi o 700mila da beni) e i contribuenti in regime forfettario (partite Iva fino a 65 mila euro di ricavi), in tutto circa 3 milioni di soggetti. Poi, in una seconda fase, si potrebbero aggiungere autonomi, professionisti e società di persone in contabilità ordinaria, un altro milione circa».
Sintetizzando, la «riflessione» o proposta che dir si voglia delineerà un nuovo sistema fiscale basato su prelievi mensili o trimestrali calcolati direttamente dall’Agenzia delle Entrate sui guadagni effettivi, che il contribuente dovrà soltanto autorizzare. È da capire quale ruolo verrà riservato a consulenti fiscali: se sarà l’Agenzia delle Entrate a occuparsi di tutto ciò che da sempre era di loro competenza, cadrà forse la necessità di avere un commercialista al proprio fianco che gestisca calcoli, compilazioni del Modello 730 e scadenze? Per ora non è dato sapere: di certo c’è che secondo Ruffini il sistema della liquidazione periodica mensile o trimestrale consentirebbe all’erario di registrare un flusso costante di entrate non più soggetto a picchi come lo è ora, e ai contribuenti interessati di pagare le tasse sugli incassi e le spese effettive e quindi di poter contare su una maggiore liquidità per effetto di una riduzione dello stock di credito d’imposta.