“Un carcinoma al centro della città”. Con questa espressione forte il procuratore capo di Brescia Francesco Prete a voluto descrivere il sito produttivo della Caffaro, sottoposto a sequestro nella mattinata di oggi.
Il Sostituto Procuratore, Silvio Bonfigli, che ha coordinato l’inchiesta ha ribadito che si tratta di un “inquinamento in atto ora, un aggravamento della situazione oltre all’inquinamento storico. Mentre parliamo -ha aggiunto durante il suo intervento in conferenza stampa- il cromo esavalente continua ad inquinare suolo, sotto suolo fino a 20 metri di profondità con pericolo per la falda acquifera. C’è mercurio che galleggia al suolo” .
L’ordinanza del G.I.P. interviene su tre fenomeni di inquinamento, tra loro connessi: inquinamento da cromo esavalente e la gestione deficitaria del MISE.
L’inizio di queste verifiche da parte delle autorità è da fissare fra il giugno e il settembre del 2019. In quel periodo i monitoraggi di Arpa avevano evidenziato un innalzamento dei valori di cromo esavalente e mercurio nella falda acquifera sottostate il sito produttivo. Secondo la Procura questo peggioramento non sarebbe dovuto all’ormai tristemente noto disastro ambientale di fine anni 90, ma sarebbe da ricondurre a nuove sorgenti di contaminazione da individuare “nella situazione di grave deterioramento e abbandono del reparto cloro-soda”.
“La Caffaro Brescia srl non avrebbe ottemperato agli impegni assunti” prosegue la Procura. Impegni che prevedevano una corretta manutenzione e mantenimento del Mise, quella barriera creata all’inizio degli anni duemila per evitare la propagazione delle contaminazione in attesa della bonifica.