Il decreto sui rave ha creato polemiche e proteste ma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi spiega al “Corriere della Sera” che l’obiettivo di queste norme approvate dal Consiglio dei ministri è allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei anche ai fini di dissuadere l’organizzazione di tali eventi che mettono in pericolo soprattutto gli stessi partecipanti — ricordo che a Modena si ballava in un capannone pericolante e si rischiava una strage — e finiscono per tenere in scacco intere zone, pregiudicando attività commerciali e viabilità”, Dobbiamo garantire, in primo luogo, – continua – che i giovani possano divertirsi senza esporsi a pericoli per la loro incolumità e poi tutelare gli imprenditori che subiscono la concorrenza di chi agisce in spregio a qualsiasi regola”.
Il ministro crede sia “interesse di tutti contrastare i rave illegali. Trovo invece offensivo attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento. In ogni caso la conversione dei decreti si fa in Parlamento, non sui social. In quella sede ogni proposta sara esaminata dal governo”.
In una settimana Piantedosi ha inviato una direttiva alle navi Ong, bloccato una manifestazione all’università, ordinato lo sgombero di un rave: “Il mio ruolo costringe ad affrontare situazioni contingenti e immediate. Non sempre si può programmare ciò che attiene alla sicurezza e all’ordine pubblico”.
Ma non vuole essere chiamato prefetto di ferro: “Il mio modello di gestione della sicurezza è: fermezza e dialogo, lasciando l’uso della forza pubblica come opzione estrema per evitare rischi peggiori. E’ il mio modo di agire da sempre. Come prefetto di Roma, ho gestito il tema degli sgomberi in questo modo, ottenendo senza tensioni risultati importanti: restituzione degli immobili occupati da anni ai legittimi proprietari, preoccupandoci di dare una casa a tutti coloro che ne avevano diritto e bisogno. E senza utilizzare la forza pubblica”. “Per me – conclude Piantedosi – ciò che più conta è il rispetto, soprattutto delle regole, dell’altro diverso da te, dello Stato e di chi lo rappresenta con una divisa, una toga, un camice, o svolgendo un servizio di pubblica utilità”. (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata