Tribunale di Brescia diviso sul caso del procuratore capo Buonanno
E’ dibattito acceso tra l’Associazione Nazonale magistrati del distretto di Brescia e il procuratore capo Tommaso Buonanno. Tema della discordia l’arresto del figlio per rapina di due settimane fa. Il comunicato emesso dall’Anm parla apertamente di «un disagio diffuso non solo all’interno del Palazzo». Luciano Ambrosoli, bresciano, giudice civile al tribunale cittadino ed esponente di Area, scrive se sia giusto e logico chiedersi se il suo ruolo di Buonanno al vertice della Procura nel capoluogo distrettuale non possa costituire un fattore di disagio e di alterazione del sereno esercizio della sua giurisdizione. In sostanza, se non vi sia una situazione di oggettiva e incolpevole incompatibilità ambientale. Dal canto suo Cesare Bonamartini, gip al tribunale di Brescia e segretario distrettuale di Autonomia&Indipendenza, ha così sentenziato: «Prescindendo dalla possibile commissione di reato spia, a me pare che il semplice fatto della pendenza di una procedura di riesame in sede distrettuale non possa non comportare qualche profilo di disagio nei magistrati che operano negli uffici bresciani». Parole a riferirsi alla richiesta dei domiciliari discussa dall’avvocato Roberto Bruni, venerdì, al Riesame di Brescia competente per le misure cautelari personali disposte da Bergamo, a cui rimangono invece in carico le misure cautelari sui beni. Tutti o quasi contro Buonanno. Il giudice d’Appello Eliana Genovese si è detta molto vicina all’uomo e al padre ammettendo che la competenza a svolgere le indagini appartiene alla Procura di Bergamo ma siamo pur sempre nell’ambito del medesimo distretto e questa contiguità territoriale potrebbe determinare situazione di disagio e di immagine.
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