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Un gioiellino del Mantegna per la prima volta in Pinacoteca

È un’opera di proprietà delle collezioni civiche bresciane, ma paradossalmente non è mai stata esposta a Brescia. Ecco perché il temporaneo allestimento di questo disegno di Andrea Mantegna alla Pinacoteca Tosio Martinengo è un’occasione unica. Era un vero peccato che i bresciani non avessero mai potuto ammirarlo, mentre nel corso degli anni ha fatto bella mostra di sé nel mondo fra New York, Londra e Parigi.

Generalmente questo piccolo disegno è conservato con massima cura nei cassetti del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe per garantirne la corretta conservazione. Però in questo periodo si è liberato uno spazio nella sala I della Pinacoteca, dove generalmente troneggia “San Giorgio e il drago”. L’opera in questo periodo è lontana da Brescia per prendere parte alla ventesima mostra Internazionale d’arte di Illegio (Udine), quindi è nata l’idea di riempire il temporaneo vuoto con il gioiellino del Mantegna.

La “Deposizione” rimarrà esposta fino al prossimo 3 novembre in Pinacoteca, poi tornerà nel suo luogo di riposo prima del prossimo viaggio. Ma non è possibile sapere quando sarà nuovamente visibile nella nostra città.

L’opera

Il disegno, fornisce uno straordinario esempio dell’instancabile attività grafica di Andrea Mantegna, personalità cruciale per la diffusione in Italia settentrionale delle novità prospettiche e del gusto antiquario propri del Rinascimento italiano, e si inserisce in una vasta sequenza di studi grafici dedicati da Mantegna al tema del Cristo morto.

L’artista, come evidenziano le numerose variazioni in corso d’opera, indaga e definisce progressivamente la composizione della scena: il corpo morto del Salvatore, scorciato in diagonale, è calato nel sepolcro da due pie donne che lo reggono con un lenzuolo, mentre altre due figure appena visibili, da riconoscere in Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, accolgono la salma nella fossa. Al centro, in atteggiamento di preghiera, la Vergine si prostra con le mani giunte verso il corpo del figlio.

Il disegno è tracciato a penna, con grande velocità, nel tentativo di fissare in presa diretta l’idea sul foglio. Il tratto, in perfetta coerenza con altre prove grafiche di Mantegna, è corposo, aggressivo, talvolta caotico, eppure “costruttivo”. I volumi sono resi per via di chiaroscuro, attraverso ombre che, definite dal tipico tratteggio mantegnesco, si fanno più fitte e più rade, più marcate e più tenui a seconda del variare della luce e in relazione alle esigenze formali perseguite dall’artista: in questa chiave si può leggere l’addensarsi delle ombre che definiscono il corpo morto di Cristo, funzionali a restituirne un effetto di solidità scultorea.

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